Concorrenza e incompatibilità: una contraddizione in termini?
La novità più rilevante nel mondo delle farmacie è costituita dalla legge n. 124/2017 che, in nome del potenziamento della concorrenza e della rivitalizzazione del mercato, ha fatto cadere un tabù ritenuto fino a ieri intramontabile: la separazione tra impresa e professione. È ben vero che almeno dal 1991 la gestione della farmacia è stata declinata anche in forma societaria (e dunque commerciale), tuttavia nel precedente contesto normativo il volto capitalista della società titolare di farmacia era attenuato dalle limitazioni ai soli farmacisti di esserne soci e dalla riduzione di un solo farmacista socio per ciascuna farmacia. La Legge n. 124/2017 irrompe invece in questo ordine, rimescolando le carte in termini rivoluzionari al punto da permettere la titolarità della farmacia a società di capitali, eliminando il vincolo che l’ente sia partecipato solo da farmacisti: dunque il club dei farmacisti apre a chiunque, munito di capitali, intenda investire nel settore, con l’unico indispensabile e quasi ovvio requisito che la direzione dell’attività sia affidata a un farmacista
La Legge n. 124/2017 e la revisione degli art.7 e 8 della Legge n. 362/1991
Poiché la farmacia occupa un posto importante nella catena della sanità e svolge un compito primario nella salvaguardia della tutela della salute del cittadino, appariva naturale che anche la nuova legislazione accompagnasse l’apertura delle farmacie alle società capitaliste con l’introduzione di incompatibilità volte a selezionare i soggetti economici o professionali abilitati. La scelta è stata operata attraverso l’indicazione di incompatibilità tra la partecipazione alla società e:
- lo svolgimento di attività nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco;
- l’esercizio della professione medica.
La logica sottesa a questa incompatibilità è costituita dall’esigenza di impedire l’accesso indiretto alla farmacia da parte di altri operatori nel settore sanitario o farmacologico in grado di condizionare la libertà di attività nell’interesse esclusivo del pubblico. L’introduzione di questa incompatibilità in verità non solo è di poco lontano a quella già presente nel testo della L. 362/1991 ante riforma, che la prevedeva già all’art 8 I co. lettera a), ma per alcuni versi è ora espressa in termini più liberistici, atteso che la precedente versione dell’incompatibilità abbracciava ogni “altra attività esplicata nel settore della produzione, “intermediazione” e informazione scientifica del farmaco”, mentre nella versione attuale il sostantivo ‘intermediazione’ è caduto, aprendo, in termini a mio giudizio discutibili, ai grossisti del farmaco la possibilità di partecipare una società titolare di farmacia, con riflessi evidenti sulla libera politica di vendita della farmacia condizionata dagli appetiti del socio grossista. Né può costituire una introduzione significativa tale da bilanciare questo importante vulnus, l’aggiunta dell’incompatibilità tra la partecipazione alla società titolare di farmacia e lo svolgimento dell’attività medica, in quanto anche nella precedente versione della legge, detta incompatibilità era già inclusa nel generale divieto di svolgere qualsiasi altro lavoro, pubblico o privato.
Dunque l’introduzione della struttura societaria, nella forma di Srl o Spa, per la titolarità di una farmacia, non è l’unico e il solo elemento di novità, mentre più importante appare la circostanza che soggetti che svolgono attività nell’intermediazione del farmaco hanno ora accesso alla farmacia con compressione dell’indipendenza professionale del farmacista che pure ne ha la direzione.
Tuttavia il senso violato dell’opportunità non si arresta all’aspetto sostanziale ma trova un riflesso anche nella tecnica legislativa scelta per modificare la vecchia norma: infatti l’introduzione delle incompatibilità con le altre attività sanitarie, presentate nello stesso articolo che apre alle società di capitali, farebbe pensare alla riforma completa anche dell’art 8 L. 362/1991 che tratta appunto il tema delle incompatibilità.
Va aggiunto che il tema delle incompatibilità disciplinato dal testo previgente era assolutamente coerente con l’impostazione della legge, volta a separare il ruolo del farmacista da quello di ogni altra attività, coerenza che appare ora minata dall’esordio in farmacia dell’impresa capitalistica vestita da società.
Al contrario dell’aspettativa, la lettura dell’attuale art. 8 L. 362/1991 vede riproporre le medesime incompatibilità già presenti nel passato, fatta eccezione per quelle relativa alle attività di produzione e informazione scientifica del farmaco già introdotte con l’art. 7 di nuovo conio.
La partecipazione alla società è incompatibile con: la posizione di titolare, direttore o collaboratore di altra farmacia e qualsiasi rapporto di lavoro. La ratio di tali disposizioni risiede “nel concreto obiettivo di evitare eventuali conflitti di interesse che possono ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e quindi sul diritto alla salute” (così Corte Cost. 24/07/2003 n 275). Tuttavia se le incompatibilità elencate erano congrue rispetto a un sistema che collocava il farmacista persona fisica al centro dell’attività di gestione e titolarità della farmacia, meno coerente è la loro sopravvivenza nel contesto attuale, costituito da una marginalizzazione del farmacista a vantaggio di capitalisti portatori di finanza rispetto ai quali non si comprende che attinenza possa avere l’incompatibilità con altro “rapporto di lavoro”, ad esempio, e a quale tutela possa essere rivolta.
Nella formulazione attuale la lettura letterale della norma porta a un cortocircuito insensato volto a impedire, ad esempio, agli stessi intermediari del farmaco la partecipazione alla società di capitali titolari di farmacie; questi operatori infatti sono esclusi formalmente dalle incompatibilità secondo l’art. 7 L. 362/19 9 1, ma reintrodotti nelle incompatibilità secondo l’art 8 della stessa legge, in quanto svolgono oggettivamente un altro rapporto di lavoro.
Un criterio per la lettura delle incompatibilità
Auspicando un rapido intervento dello stesso legislatore, che ponga rimedio alla discordanza creata, allo stato attuale ritengo che l’unico criterio sensato della lettura delle incompatibilità di cui all’art 8 L. 362/1991 sia quello di continuare a mantenerle a carico del farmacista e non del socio – quivis de populo, interpretazione che sarebbe coerente con la volontà legislativa di non alimentare il conflitto d’interesse rintracciata dalla Corte Costituzionale.
La soluzione offerta potrebbe essere favorita dall’inciso “per quanto compatibili” presente nel richiamo fatto dall’art 7 L. 362/91 alle incompatibilità di cui all’art. 8 della stessa legge: in quest’ottica tuttavia temo che a carico dei farmcisti sia conservata la vecchia limitazione che impediva la loro partecipazione a più di una società titolare di farmacia, a meno di ritagliarsi un ruolo di semplice socio capitalista ed eventualmente di amministratore della o delle società in cui partecipare, senza svolgere alcun ruolo attivo all’interno di ciascuna farmacia gestita dalle società. Letta in questi termini l’apertura al mercato e alla concorrenza voluta dal legislatore varrebbe per tutti coloro che intendono finanzia e da esterni la farmacia ma non per il farmacista stesso che volesse gestire in forma societaria più di una società, accentuando l’effetto di marginalizzazione della sua figura. Occorre tuttavia considerare che la miscellanea di testi legislativi operata dalla L. 124/2017 con scarso senso di coordinamento, apre le porte a soluzioni di architettura societaria capaci di aggirare le limitazioni formali poste in capo ai soli farmacisti che dalla riforma risulterebbero discriminati: sarà ad esempio censurabile dalla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani la partecipazione di un farmacista a una holding che controllasse due società, ciascuna titolare di una farmacia? Il capitale è come un torrente: una volta eliminato l’argine è difficile orientarne il corso.