I pagamenti ai professionisti in corso di procedura: il faticoso approdo della certezza
Sul tema della prededuzione, di ciò che vi rientra, di chi ne può valutare l’insorgenza e dei pagamenti che sono eseguibili dal debitore in corso di procedura, si registra ancora una spaccatura netta tra alcuni giudici di merito e quelli di legittimità.
Il dato normativo, all’art 111 2° co l.f., permette l’attribuzione della prededuzione ai crediti sorti “in funzione” od “in occasione” della procedura concorsuale.
Recentemente sono stati pubblicati provvedimenti di tribunali orientati a dichiarare l’esclusione dalla procedura per quei debitori che avessero pagato, in tutto od in parte, i compensi all’attestatore o comunque ai professionisti di cui si è avvalso per la predisposizione della domanda di concordato.
Il Tribunale di Lodi, con provvedimento del 20/01/2017, nelle istruzioni conseguenti la domanda di concordato ex art 161 6° comma l.f. chiarisce che sono vietati, in pendenza di procedura i pagamenti all’attestatore o a professionisti e che la violazione comporterà la declaratoria di improcedibilità della domanda.
Il Tribunale di Ivrea con provvedimento del 2/12/2016 sancisce identico divieto.
Il Tribunale di Arezzo con decreto di revoca della procedura in data 5/4/2016 afferma che solo l’omologa della procedura permette di dare supporto alla prededucibilità ex art 111 2° co l.f. in quanto il giudizio negativo di fattibilità che consegue al suo rigetto si ripercuote sulla stessa possibilità di cogliere la rispondenza dell’attività professionale espletata con gli scopi della procedura.
Anche il Tribunale di Asti in data 18/01/2016 ha pronunciato un decreto con cui invita il debitore a dimostrare la compatibilità del pagamento dell’attestatore con le prescrizioni dell’art 161 l.f. che vieta pagamenti prededuttivi non autorizzati.
Le date dei provvedimenti pongono in massima evidenza il loro contrasto, che non può essere casuale, con un indirizzo opposto della Cassazione.
Il Supremo Collegio, con ripetute pronunce, si è infatti occupato del tema della prededuzione e dei casi nei quali essa può essere accordata.
Di seguito segnalo una carrellata di principi estratti da alcune sentenze di Cassazione orientati nella direzione di riconoscere la prededuzione delle spese sostenute a favore dei professionisti ingaggiati dal debitore per la predisposizione del piano e il deposito della domanda.
Cass 8/4/2013 n 8534, dispone che la funzionalità delle prestazioni non è vincolata all’ammissione al concordato per non restringere le possibilità di accesso a tale forma di procedura.
Cass 4/11/2015 n 22450 ha aggiunto che l’attività del professionista che abbia svolto attività di consulenza ed assistenza per la presentazione della domanda di concordato rientra de plano tra i crediti sorti in funzione di quest’ultima procedura e pertanto va soddisfatta in prededuzione (conforme Cass.14/03/2014 n 6031), e che l’art 111 l.f. non richiede che debba essere dimostrata l’utilità concreta delle attività per la massa, restando sufficiente la strumentalità della prestazione in relazione alla procedura concorsuale.
Per Cass 30/1/2015 n 1765 la prededuzione è estesa a tutta l’attività svolta dal professionista ante fallimento ancorchè non coronata dal successo del concordato (conforme: Cass 11/11/2016 n 23108).
Cass 17/4/2014 n 8958 ha posto l’accento sul rapporto di strumentalità che deve sussistere tra l’attività svolta e la realizzazione delle finalità proprie della procedura concorsuale (conformi: Cass 24/1/2014 1513; Cass 13/12/2013 n 27926).
Cass 10/09/2014 n 19013 ha statuito come non occorra la previa autorizzazione del giudice delegato del tribunale per giustificare un rapporto di strumentalità dell’attività professionale svolta rispetto alla procedura concorsuale.
In questo contesto decisamente incline al riconoscimento della prededucibilità dell’attività strumentale alla domanda di concordato, si inserisce infine Cass 11/4/2016 n 7066 che riduce la portata sanzionatoria dell’art 161 7° co l.f. in ordine ai pagamenti in violazione della par condicio, riconducendola al caso in cui detti pagamenti costituiscano effettivamente atti di straordinaria amministrazione e siano diretti a frodare le ragioni dei creditori pregiudicando la possibilità di adempimento della proposta concordataria.
Questo panorama giurisprudenziale non è evidentemente favorevole a gemmare la produzione di merito riferita in apertura che dato il contrasto evidente pare voler stimolare nella Cassazione una rimeditazione del suo pensiero fin qui elaborato al fine di far prevalere l’orientamento che solo l’ammissione (se non l’omologa) della procedura concorsuale sia idonea a giustificare ex post la strumentalità delle prestazioni professionali rese rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori cui la procedura mira.
Ebbene con due sentenze pubblicate ad un mese l’una dall’altra (la prima 5/12/2016 n 24791; la seconda 10/01/2017 n 280) la Cassazione ha ancora più incisivamente ribadito il proprio orientamento attraverso la formulazione di due principi: l’attività dei professionisti funzionale alla predisposizione del piano e della domanda è di ordinaria amministrazione in quanto non basta né il loro costo, assolto in modo diretto dal debitore, né il pagamento, collocato in pendenza del concordato, a trasformare i relativi atti solutori in atti di straordinaria amministrazione.
Inoltre poiché il pagamento di detti costi non necessita di alcuna autorizzazione giudiziale, compete all’organo concorsuale che ne invochi l’estraneità rispetto a tale scopo dimostrarne la portata straordinaria o l’intento frodatorio.
Il percorso concordatario è un tracciato irto di ostacoli, trabocchetti e difficoltà, reso vieppiù complicato dall’avvicendarsi di norme che impediscono la sedimentazione di modelli di comportamento e linee interpretative giurisprudenziali sufficientemente consolidate; in questo contesto di difficile orientamento la capacità della Cassazione di tenere la barra diritta e dare un orientamento nomofilattico chiaro su una questione decisiva per la sorte di molti concordati è un traguardo che rasserena, consentendo di volgere lo sguardo ai problemi di reale soluzione della crisi d’impresa.