La convenzione di moratoria

Ecco le novità legislative sulla procedura di concordato in continuità, che dopo le riforme dell’estate 2015 acquisisce nuove attrattive fra le procedure concorsuali.

Il D.L. 83/2015 convertito nella Legge 6/8/2015 n 132 ha introdotto un nuovo strumento di soluzione stragiudiziale della crisi d’impresa costituito dalla convenzione di moratoria consistente in un accordo stretto tra l’imprenditore e banche o intermediari finanziari avente ad oggetto una moratoria temporanea dei crediti.
Tale figura permette di estendere alle banche o intermediari finanziari non aderenti gli effetti dell’accordo di moratoria raggiunto con una maggioranza qualificata del 75% della categoria alla quale il non aderente appartiene, alla condizione che tutti gli interessati siano stati tenuti informati dell’avvio delle trattative per la negoziazione dell’accordo e che un professionista indipendente attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici tra i creditori interessati dalla moratoria.
La grande novità è rappresentata dall’introduzione di una deroga al dogma espresso dagli artt. 1372 e 1411 c.c. che circoscrive alle sole parti stipulanti l’effetto vincolante del contratto.
Data la natura extracontrattuale di tali accordi è parso naturale porli in relazione ai piani attestati di risanamento disciplinati dall’art 67 l.f. che, lo si ricorda, sono volti a proteggere dalla revocatoria gli “atti i pagamenti e le garanzie” oggetto di un piano aziendale con cui l’imprenditore dimostri di poter recuperare l’equilibrio finanziario dell’azienda.
In realtà vi sono una serie di importanti elementi che distinguono i due istituti il più importante dei quali è il requisito coercitivo verso i non aderenti, non presente nei piani attestati.
Inoltre mentre il piano attestato ha un contenuto libero e può presupporre anche più accordi tanti quanti sono gli interlocutori interessati, la convenzione di moratoria è un accordo vincolato che deve riguardare in modo uniforme tutti coloro che rientrano nella stessa “categoria” omogenea.
Il piano attestato può prevedere l’erogazione di nuova finanza mentre la convenzione di moratoria esclude categoricamente la possibilità di prestazioni nuove (fatta eccezione per la continuità nel godimento di beni in leasing).
Infine per la convenzione di moratoria non è prevista una sua pubblicazione, neppure eventuale, nel registro imprese.
In ogni caso, al di là di queste distinzioni, pare che nulla impedisca ad una convenzione di moratoria di essere assorbita in un piano attestato più articolato volto a disciplinare anche altri aspetti della crisi finanziaria con gli enti creditizi e tesi a produrre effetti più estesi rispetto alla semplice moratoria assicurata dalla convenzione.
Per contrastare ipotesi di abuso dell’istituto il legislatore ha esteso alla figura della convenzione di moratoria la sanzione penale per il caso in cui l’imprenditore siasi attribuito attività inesistenti ovvero abbia simulato crediti in tutto od in parte inesistenti; inoltre ha allargato la fattispecie della bancarotta al caso della convenzione di moratoria.
Anche il professionista che agevola il proposito criminoso dell’imprenditore esponendo nella propria attestazione (che va comunicata al P.M.) informazioni false ovvero omettendo di riferire informazioni rilevanti, commette reato di false attestazioni punito dall’art 236 bis l.f..
La figura in esame è dunque tesa ad arricchire gli strumenti volti ad offrire soluzioni stragiudiziali della crisi d’impresa verso cui il legislatore sembra sempre di più orientato allo scopo non solo di incentivare l’emersione anticipata della crisi che favorisce la ripresa economica dell’impresa ma anche per promuovere un effetto deflattivo della gestione giudiziale della crisi.
Infatti nel disegno di legge delega presentato l’11 marzo 2016 dal ministro della giustizia alla Camera dei Deputati, lo strumento della convenzione di moratoria viene potenziato attraverso la previsione della sua applicazione anche a figure di creditori diversi da banche o intermediari finanziari purchè sempre rappresentanti almeno il 75% dei crediti di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee.
In tal modo in futuro sarà sempre più possibile gestire momenti di crisi finanziaria ricorrendo a soluzioni che permettano di raggiungere accordi vincolanti per la minoranza dei creditori omogenei volti a differire il pagamento di debiti per il periodo necessario a ristabilire l’equilibrio finanziario dell’impresa ed impedire così che semplici criticità finanziarie, risolvibili con la collaborazione e il dialogo tra le varie parti in causa, si traducano in difficoltà economiche dalle più complicate prospettive di risoluzione, con creazione di catene di insolvenza dal pericoloso contagio e dall’effetto svalutativo della prezioso bene aziendale.


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