Liquidazione del patrimonio ed esdebitazione

a cura dell’Avv. Gianfranco Benvenuto e della dott.ssa Rosanna Capasso del Foro di Milano

Premesse

La rassegna di giurisprudenza proposta di seguito fornisce una panoramica sulle decisioni più rilevanti assunte negli ultimi 18 mesi dai Tribunali italiani. Non di rado, infatti, come sarà possibile notare nel prosieguo, i giudici hanno motivato le proprie decisioni dando diverse interpretazioni alle novità introdotte con il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (c.d. Decreto Ristori), convertito dalla l. 18 dicembre 2020, n.176 ed estratte dal Codice della Crisi e dell’Insolvenza entrato in vigore lo scorso 15/07/2022 e che ha assorbito le procedure di sovraindebitamento. 

In particolare, le maggiori novità sono state apportate alla procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14 ter e ss. L. 3/12 che oggi ritroviamo nella forma di liquidazione controllata agli artt. 268 e ss. CCII.. 

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Tutte le pronunce citate sono massimate in termini brevi, evidenziandone gli aspetti che frequentemente Gestori e Advisor nella prassi affrontano. 

Trib. Milano 17.02.2021 – Esdebitazione negata

Il Tribunale ha rigettato la domanda di esdebitazione presentata dopo soli due anni dall’apertura della procedura di liquidazione (nel 2018), in ordine alle somme sgravate dall’Agenzia delle Entrate e ai crediti di eventuali creditori non intervenuti. Pur avendo la procedura di liquidazione giudiziale integralmente pagato tutti i creditori concorsuali, il debitore deve necessariamente pagare integralmente anche tutti gli altri creditori anteriori che per una qualsiasi ragione non si siano insinuati al passivo.

In primo luogo il Giudice ha ritenuto mancante la condizione di cui all’art. 14 terdecies co.1 lett. a) per non aver il debitore rappresentato agli organi della procedura l’esistenza di una passività latente che avrebbe potuto essere accertata nel corso degli anni 2021 e 2022 dall’Agenzia delle Entrate. 

In secondo luogo, il Giudice ha ritenuto mancante la condizione di cui all’art. 14 terdecies co.2 lett. b) per non aver il debitore presentato la dichiarazione dei redditi per gli anni d’imposta dal 2014 al 2016, il che costituisce un illecito sanzionato in via amministrativa e integra un atto di frode nei confronti dell’AdE in quanto ritarda la possibilità e la tempestività dell’accertamento dovuto.

In terzo luogo, il Giudice ha ritenuto la domanda carente di interesse in quanto la procedura di esdebitazione di cui all’art. 14 terdecies si occupa solo dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e non anche dei creditori anteriori all’apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo. 

Tale lacuna normativa non può che essere colmata facendo applicazione analogica dell’art. 144 l.f. che precisa come per i crediti anteriori non insinuati, l’esdebitazione operi “per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori”; (la stessa regola è prevista all’art 278 co2 CCII).

Tale situazione è del resto obbligata perché i) se si ritiene che i crediti anteriori non insinuati sono esclusi dall’esdebitazione e devono essere pagati integralmente, ne deriva che i creditori si sottraggono alla regola del concorso sperando in un successivo integrale soddisfo; ii) se si ritiene che i creditori anteriori non insinuati sono integralmente esdebitati, ne deriva una espropriazione delle ragioni dei creditori anche nelle ipotesi in cui alcuna colpa possa essere loro attribuita per non aver proposto una domanda di insinuazione al passivo ed entrambe comporterebbero un’ingiustificabile disparità di trattamento rispetto ai creditori della persona fisica fallita.  

Peraltro, lo stesso art. 14 terdecies l. n. 3/2012 esclude del tutto l’esdebitazione dei debiti fiscali qualora questi siano “successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi”. 

Dunque, con riferimento ai debiti fiscali: i crediti anteriori non ammessi al passivo possono essere esdebitati per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori, ma devono comunque essere pagati integralmente se successivamente accertati in ragione della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. 

Trib. Milano 11.04.2022 – Prededucibile il credito dell’OCC e del legale

Il Giudice in sede di reclamo ha precisato che le spese per il Gestore dell’OCC sono da considerarsi alla stregua delle spese dell’ausiliario del giudice (e nello scenario fallimentare, assimilabili al compenso del curatore) e, pertanto, con riconoscimento della prededuzione e con soddisfacimento prioritario rispetto al credito ipotecario. 

In particolare, ha assimilato la figura dell’OCC ad un ausiliario del giudice, investito di un ruolo di imparzialità e terzietà direttamente derivante dalla sua promanazione pubblica (può essere costituito presso enti pubblici e iscritto all’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia, od essere “personificato” nella figura di un avvocato, commercialista o notaio nominato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente, o da un giudice delegato dal Presidente), chiamato a svolgere funzioni che vanno dall’ausilio del debitore nella elaborazione del piano sottostante alla proposta e nell’esecuzione della stessa, all’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità del piano, alla effettuazione delle pubblicità e comunicazioni disposte dal Giudice, tutte riconducibili al ruolo di garante del corretto funzionamento e del buon esito della procedura. 

È stato altresì emanato un regolamento del Ministero della giustizia, adottato di concerto con i Ministeri dello sviluppo economico e dell’economia delle finanze, che disciplina il funzionamento di tale organismo, che introduce il principio di determinazione del compenso all’organismo previo accordo con il debitore che l’organismo abbia individuato e incaricato. In mancanza di accordo, la liquidazione deve avvenire da parte del giudice sulla base dei parametri che rimandano al d.m. 25 gennaio 2012 n. 30 e successivi adeguamenti. 

Ad analoghe conclusioni in termini di “spese generali” di procedura si perviene anche per le spese del legale: è, infatti, applicabile il principio generale espresso dall’art. 82 c.p.c. secondo cui ogni ricorso giurisdizionale va presentato con l’assistenza ed il ministero di un difensore, salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti (l’art 269 CCII dispone che “il ricorso può essere presentato personalmente dal debitore con l’assistenza dell’OCC”).

Trib. Verona 15.02.2022 – Ordine di consegna o rilascio ex dell’art. 14 quinquies co.3 lett. e) 

Nella procedura di liquidazione del patrimonio, il Giudice può emettere l’ordine di liberazione e consegna dei beni oggetto di liquidazione a favore del liquidatore ai sensi dell’art. 14 quinquies, co.2, lett. e) l. 3/12 non solo nei confronti del debitore sovraindebitamento, ma anche nei confronti dei terzi che occupano e detengono tali beni senza titolo o in base a titolo non opponibile alla procedura. 

Nel caso di specie, il Giudice ha ordinato il rilascio di un compendio immobiliare costituito da terreni oggetto di contratto di affitto di fondo rustico in quanto non opponibile alla procedura ai sensi dell’art. 2923 co.2 c.c. in quanto stipulato con un canone valutato vile dallo stimatore della procedura esecutiva che era pendente sui beni prima dell’apertura della procedura di liquidazione.

Trib. Modena 03.02.2022 – Inibitoria ex art. 14 quinquies, co.2 lett. b)

L’inibitoria ex art. 14 quinquies, co.2 lett. b) l. 3/2012 rispetto ad ogni iniziativa esecutiva (già pendente o futura), cautelare o di acquisizione di diritti di prelazione che possa interessare il patrimonio oggetto di liquidazione, deve essere emessa con efficacia sino al momento in cui diverrà definitivo il futuro provvedimento di chiusura della procedura ex art. 14 novies. Invero, il dato normativo, laddove prevede che detta efficacia debba essere prevista “sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo” è evidentemente frutto di errore commesso nella redazione della disposizione, atteso che un tale provvedimento di omologazione non è contemplato nell’ambito della procedura di liquidazione. Pertanto, per dare un senso alla norma e consentirle di perseguire lo scopo suo proprio (proteggere il patrimonio del debitore dalle iniziative esecutive e cautelari individuali per tutta la durata della liquidazione), deve necessariamente ritenersi che l’efficacia del provvedimento di inibitoria e sospensione in questione debba perdurare sino alla chiusura della procedura. 

Trib. Ancona 28.03.2022 – Apertura della procedura con ricavato dalla vendita esecutiva già pendente

E’ ammissibile l’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio ove il ricorrente metta a disposizione dei creditori le somme ricavate dalla vendita dei cespiti immobiliari oggetto di esecuzione e prima della distribuzione in detta sede. In proposito, il Giudice ha motivato che appare coerente l’applicazione del principio, condiviso dalla giurisprudenza di merito, secondo cui a fronte della sospensione disposta ex art. 14 quinquies, co.2, lett. b) l. 3/2012, ove l’inibitoria intervenga successivamente al decreto di approvazione del progetto di distribuzione (e, analogicamente, dopo l’ordinanza di assegnazione nel procedimento di espropriazione presso terzi), quando ancora non sia stata consegnata o incassata, materialmente, la somma, l’effetto inibitorio si produrrà egualmente, precludendo la soddisfazione del creditore in sede esecutiva, atteso che la soddisfazione avverrà nella procedura di liquidazione del patrimonio ad opera del Liquidatore giudiziale nominato.

Trib. Reggio Emilia 17.05.2022 – Liquidazione con ricavato della vendita forzata pendente

Deve ritenersi ammissibile l’apertura della liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 14 ter l. 3/2012 anche quando il debitore metta a disposizione della massa dei creditori il ricavato della vendita forzata di un immobile in una procedura esecutiva immobiliare ancora pendente, al netto dei compensi spettanti agli ausiliari del giudice dell’anzidetta esecuzione immobiliare. 

Con riguardo agli effetti della sospensione disposta ex art. 14 quinquies, co.2, lett. b) l. 3/2012 sulla procedura esecutiva pendente, “è principio generalmente condiviso in giurisprudenza quello secondo cui ove l’inibitoria intervenga successivamente al decreto di approvazione del progetto di distribuzione (e, analogicamente, dopo l’ordinanza di assegnazione nel procedimento di espropriazione presso terzi), quando ancora non sia stata consegnata o incassata, materialmente, la somma, l’effetto inibitorio si produrrà egualmente, precludendo la soddisfazione del creditori. In particolare, la Suprema Corte (Cass. 23993/2012) ha avuto modo di chiarire che è atto idoneo a definire il processo esecutivo per espropriazione immobiliare l’approvazione del progetto di distribuzione ovvero l’ordine di pagamento impartito dal giudice dell’esecuzione. Tuttavia, l’ordinanza di distribuzione e di attribuzione riceve concreta attuazione soltanto col mandato di pagamento compilato dal cancelliere e riscosso dall’avente diritto. Deve dunque distinguersi tra il momento conclusivo del processo espropriativo, inteso quale serie di fasi funzionalmente collegate e preordinate all’adozione del provvedimento giudiziale che conclude l’ultima di esse, vale a dire quella destinata alla distribuzione del ricavato e, per altro verso, il momento in cui ha concreta attuazione il provvedimento giudiziale che conclude il processo, che si realizza mediante l’intervento del cancelliere cui spetta il compito di emettere i mandati di pagamento. 

Trib. Ferrara 21.12.2021 – Lo scopo della procedura di liquidazione 

La procedura liquidatoria non ha nessuno scopo di protezione come potrebbe avere quella di ristrutturazione dell’accordo. Nella procedura di liquidazione, in cui gioca principalmente il disposto dell’art. 2740 c.c., il patrimonio viene tutto messo a disposizione dei creditori, senza promessa o proposta di alcuna percentuale di soddisfazione e senza che il debitore possa mantenere alcun controllo sulla propria attività economica.

La liquidazione non ha alcuna funzione di tutelare l’attività economica del debitore a differenza dell’accordo, procedura conservativa che consente al debitore di mantenere il controllo della propria attività, sia pure sotto il controllo del gestore. 

Trib. Mantova 21.10.2021 – Impresa agricola

Va condiviso l’orientamento secondo cui, nonostante alla luce dell’art. 7 co.2bis, l.3/2012 sembrerebbe consentito all’imprenditore agricolo solo l’accordo con i creditori, e non anche l’accesso alla liquidazione del patrimonio, in base ad una interpretazione sistematica delle norme, l’imprenditore agricolo può accedere sia all’accordo di composizione della crisi che alla liquidazione (in particolare sul punto Trib. Lucca 14/11/16), considerato inoltre che, opinando diversamente, l’imprenditore agricolo, senza alcun valido motivo, subirebbe un trattamento deteriore rispetto a quello degli altri soggetti imprenditore non fallibili. 

Trib. Trani 28.09.2021 – Non meritevole il debitore che ha evaso il fisco

Il Giudice ha rigettato il ricorso per la liquidazione del patrimonio ritenendo non sussistente il requisito di meritevolezza in capo al debitore il cui indebitamento – che non poteva considerarsi incolpevole – trova origine nell’evasione fiscale ovvero nella illecita percezione di aiuti statali.  

Secondo il Giudice occorre valutare d’ufficio la sussistenza del c.d. requisito di meritevolezza in capo al debitore dal momento che, sebbene non riprodotta nell’ambito della liquidazione dei beni ex art. 14ter l. 3/2012, la norma che esclude dalle procedure di sovraindebitamento (art. 12ter) il debitore “che ha colposamente determinato il sovraindebitamento” deve considerarsi principio pervasivo della intera normativa sul sovraindebitamento e requisito preliminare di accesso alle procedure premiali; per altro verso, nella relazione particolareggiata di cui all’art. 14ter, co.2, lett. a), l’OCC deve indicare le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore persona fisica nell’assumere volontariamente le obbligazioni in quanto l’art. 14terdecies esclude l’esdebitazione “quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali”. 

Trib. Vicenza 15.07.2022 – Morte sovraindebitato e prosecuzione nei confronti degli eredi

Il Giudice, vista la comunicazione del Liquidatore riguardo la morte della ricorrente, considerato che a) nulla prevedendo la L.3/12 in ordine al decesso del sovraindebitamento, la dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuto l’applicabilità in via analogica dell’art. 12 l.f. e b) il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolenza (CCII, D.Lgs. 14/2019) entrato in vigore il 15/07/2022 ha positivizzato tale soluzione con il richiamo operato dall’art. 270 all’art. 35, ha disposto la prosecuzione della procedura di liquidazione nei confronti degli eredi, mandando al liquidatore di verificarne l’identità e, qualora siano più d’uno e non sia stato designato un rappresentante comune, di riferire al giudice delegato affinché provveda alla nomina del rappresentante comune. 

Trib. Ascoli Piceno 28.03.2022 – Chiusura procedura per morte del sovraindebitato 

Il Giudice ha dichiarato la chiusura della procedura di liquidazione del patrimonio essendo defunto il debitore ammesso e disposto, altresì, che i beni e le somme residue, detratti il compenso liquidato all’OCC e le eventuali commissioni bancarie, siano restituiti al Liquidatore della distinta procedura di liquidazione aperta dalla figlia del defunto che, avendo accettato puramente e semplicemente l’eredità, ha fatto sì che i due patrimoni si confondessero. Spetterà al liquidatore della relativa procedura aperta per la figlia integrare l’attivo e il passivo. 

Trib. Livorno 19.07.2021 – Morte del sovraindebitato e nomina curatore 

Il Tribunale di Livorno si è pronunciato, su istanza del liquidatore giudiziale, in merito alla disciplina applicabile in caso di morte del soggetto sovraindebitato non essendo prevista una disciplina nella l. 3/2012.

Il Giudice ha osservato che il Codice della crisi contempla l’ipotesi di morte del sovraindebitato agli articoli 270 co.5, 35 e 36 CCII riprendendo, sostanzialmente, la disciplina attualmente in vigore nella procedura fallimentare contenuta nell’art. 12 l.fall.. Per tale ragione ha ritenuto applicabile nel caso in esame, in via analogica, la disciplina prevista per la procedura maggiore regolata dall’art. 12 l.fall. considerato anche che, tale disciplina, sarà poi quella applicabile a partire dalla entrata in vigore del CCII. 

Per tali ragioni il Giudice ha disposto che ogni interessato ed il liquidatore giudiziale, provvedano a far nominare un curatore dell’eredità giacente del sovraindebitamento de cuius nelle forme previste dall’art. 528 c.c..

Trib. Milano 31.05.2021 – Procedura di sfatto a carico del debitore

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione del patrimonio non disponendo la sospensione della procedura di sfratto in corso a carico del debitore sull’immobile condotto in locazione quale abitazione principale motivando come segue.

L’azione di convalida di sfratto per morosità proposta prima del deposito dell’istanza di accesso alla procedura di liquidazione giudiziale, rimane procedibile anche successivamente all’apertura della medesima procedura da sovraindebitamento: una diversa interpretazione, oltre a non essere sorretta dal dato normativo in vigore, potrebbe valere ad incentivo poco virtuoso per il debitore che, dopo aver accumulato morosità pregresse a seguito dell’interruzione del pagamento dei corrispettivi dovuti in forza delle obbligazioni aventi titolo nel rapporto contrattuale di durata (nella specie quello di locazione), tenti di obliterare una probabile azione di risoluzione della propria controparte contrattuale depositando domanda di liquidazione giudiziale. 

Considerato, in ogni caso, che il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui al citato art. 14 quinquies co.2 lett. b) opera con riguardo ai beni compresi nel patrimonio del debitore in liquidazione e non anche rispetto ai beni di terzi, che al predetto patrimonio restano estranei e il contratto di locazione dell’immobile in cui il debitore abita con la propria famiglia integra, comunque, un rapporto negoziale estraneo alla liquidazione, perché diretto a soddisfare esigenze essenziali di vita del debitore e della sua famiglia, in cui sono dedotte prestazioni a carico del sovraindebitamento che lo stesso può efficacemente adempiere senza violare le regole del concorso.

Trib. Foggia 24.02.2022 – Sospensione procedura esecutiva

Il Giudice della procedura esecutiva, preso atto del provvedimento emesso nell’ambito della procedura di sovraindebitamento che ha ammesso il debitore esecutato alla procedura di liquidazione dei beni pronunciando sulla liquidabilità dei beni pignorati, ha sospeso la procedura pendente evidenziando che, la sua prosecuzione, lederebbe la par condicio creditorum, potendo al più, la procedura individuale essere sfruttata dagli organi della procedura concorsuale al fine di ottenere una più veloce liquidazione del bene. 

Trib. Bari 03.06.2021 – Conflitto tra creditori prededucibili e ipotecari

Nel caso di specie, la procedura di liquidazione è già stata aperta; dunque, il creditore ipotecario ha richiesto la modifica del progetto di stato passivo disposto dal liquidatore ex art. 14octies co.4, l.3/2012, lamentando che l’approvazione del piano avrebbe comportato il pagamento di tutte le spese prededucibili della procedura in suo danno e in contrasto, peraltro, con l’art. 14duodecies co.2, L. 3/2012, che antepone il diritto del creditore ipotecario a quello dei crediti prededucibili.

Il Tribunale ha rigettato l’istanza affermando che l’art. 111ter l. fall, è applicabile anche alle procedure disciplinate dalla legge sul sovraindebitamento, in ragione della medesima natura giuridica che caratterizza la procedura fallimentare e la liquidazione del patrimonio, e la possibilità di qualificarla come “fallimento del soggetto non fallibile”, stante la medesima finalità di liquidazione dei beni nell’interesse della massa dei creditori. Peraltro, tale norma va letta in rapporto con l’art. 111bis, co. 2, l. fall. che indica un criterio di regolamentazione degli eventuali conflitti tra crediti prededucibili e crediti assistiti da prelazione e secondo cui il conflitto va risolto facendo gravare sul ricavato dei beni oggetto di garanzia sia le spese prededucibili specificamente sostenute per la loro conservazione, amministrazione e liquidazione, evidenziate nel conto speciale, sia un’aliquota di spese generali della procedura in quanto sostenute nell’interesse dei creditori.

Trib. Mantova 31.05.2021 – Trib. Bologna 24.12.2021 – applicazione procedura familiare anche alla liquidazione

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione presentata dai coniugi ai sensi degli artt. 7bis e 14ter l. 3/2012 ritenendo che l’istituto di cui all’art. 7bis della legge n. 3/2012 nel testo attualmente vigente ha carattere generale essendo diretto a risolvere in modo unitario, con riduzione dei costi e dei procedimenti, la crisi economica del nucleo familiare avente origine comune e in cui le singole obbligazioni si condizionano in modo reciproco sicché, ricorrendo l’eadem ratio, la norma in questione va analogicamente applicata anche alla procedura di liquidazione del patrimonio.

Trib. Udine 18.05.2021 – Inammissibile la “procedura familiare” per la liquidazione dei beni

Il Giudice ha rigettato l’istanza di trattazione congiunta ex art.7bis l. 3/2012 (procedure familiari) presentata dai ricorrenti sull’assunto che l’istituto della procedura familiare si riferisce letteralmente alla sole procedure di composizioni della crisi e non a quella di liquidazione dei beni ex art. 14 ter l. 3/2012 che, invece, è alternativa alle prime.

Trib. Mantova 08.04.2021 – Aperta procedura familiare

Il Giudice ha, con decreto, aperto la procedura di liquidazione richiesta congiuntamente dai coniugi con unico ricorso, alla luce della circostanza che la gran parte dell’indebitamento è comune e deriva da mutuo fondiario a garanzia del quale sono stati offerti beni di cui sono contitolari i due mutuatari, peraltro in regime di comunione legale. Secondo il Giudice è del tutto ragionevole consentire ai coniugi di affrontare congiuntamente lo squilibrio finanziario correlato alla vita in comune, mostrandosi incongruo, oltre che più complicato e costoso, che ciascuno fronteggi su binari paralleli quel medesimo squilibrio. Occorre osservare che la l. 3/2012 nasce nel solco dell’esperienza degli altri paesi dell’Unione, per dar rimedio al quadro reale delle famiglie sovraindebitate, e la mancata espressa previsione non ostacola un’interpretazione estensiva del concetto di “debitore” di cui all’art.6 financo a comprendere i componenti della “famiglia” che versi nella situazione rappresentata dalla norma. Rilevato che il ricorso congiunto dei componenti della famiglia risponde anche a ragioni di economia processuale, posto all’esigenza di non sovrapporre mezzi processuali e a salvaguardia proprio dei creditori comuni, che altrimenti vedrebbero spacchettati e porzionati i debiti.

Trib. Busto Arsizio 18.03.2021 – Aperta procedura familiare

Il Giudice ha aperto la procedura familiare proposta dai ricorrenti mediante l’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio sull’assunto che, la sostanziale “equivalenza” del patrimonio dei due coniugi oggetto di liquidazione e la natura solidale di gran parte dell’esposizione debitoria complessivamente rilevata, giustificano il deposito di un ricorso unitario e coordinato con riferimento ad entrambi i soggetti sovraindebitati anche alla luce dell’art. 7 bis della L. n. 3/2012 cosi come introdotto dalla L. 176/2020.

Trib. Bari 17.05.2021 – L’insufficienza del patrimonio non osta all’apertura della liquidazione

Il Tribunale ha accolto il reclamo e aperto la procedura di liquidazione sull’assunto che il procedimento previsto dall’art.14 ter della L. n.3/2012, secondo l’espressa previsione del primo comma, riguarda tutti i beni del debitore in stato di sovraindebitamento, con la sola esclusione di quelli indicati dal comma 6, sicché l’insufficienza del patrimonio non osta all’apertura della procedura, comprensiva della sua totalità.

Trib. Milano 28.01.2022 – Ammesso l’apporto di finanza esterna

Il Giudice, con il decreto di chiusura della procedura di liquidazione ha dato atto che il debitore, come riepilogato nella Relazione, non ha ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura ed anzi, in costanza della stessa, è ricorso alla disponibilità di soggetti terzi (familiari) che senza rivalsa, hanno versato in favore della Procedura l’importo di circa € 10.000 facendo si che la procedura raggiungesse una somma superiore rispetto a quella indicata nel programma di liquidazione.

Trib. Milano 08.06.2021– Non ammesso l’apporto di finanza esterna

Il Giudice ha dichiarato inammissibile la domanda di liquidazione del patrimonio fondata unicamente sull’apporto di finanza esterna di un famigliare ritenendo che la “finanza esterna” non trovi spazio nelle procedure di liquidazione in quanto non può essere considerata bene proprio del debitore tale da rientrare nella nozione di beni ex art. 14 ter e ss. l. 3/2012. 

Su richiesta del Giudice di riqualificare la domanda, l’istante chiedeva ed otteneva la concessione del decreto di esdebitazione dell’incapiente non avendo alcun bene o reddito futuro da mettere a disposizione dei creditori.

Trib. Mantova 23.06.2022 – Non ammesso l’apporto di finanza esterna

Il Giudice ha dichiarato inammissibile la domanda di liquidazione del patrimonio che, in carenza di beni e redditi futuri del ricorrente, risulta fondata esclusivamente sul contributo di un soggetto esterno, in quanto la finanza esterna non può essere considerata come un bene proprio del debitore istante sicché non vi è alcun patrimonio (nemmeno futuro) da liquidare. 

Trib. Ravenna 14.10.2021 – Ammesso l’apporto di finanza esterna

Il Giudice ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione ammettendo l’apporto di finanza esterna da parte di un terzo consistente in un assegno circolare di € 12.000 a copertura integrale dei costi prededuttivi della procedura (e, nel caso di surplus, a favore degli altri creditori).  

Trib. Verona 12.05.2021- Ammesso l’apporto di finanza esterna quale credito futuro

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione ritenendo ammissibile che un soggetto terzo si obblighi con scrittura privata, subordinatamente all’apertura della procedura, a erogare a favore degli istanti un finanziamento di complessivi € 30.000 già messi a disposizione del Gestore a mezzo di assegno circolare intestato agli istanti. Il tutto con espressa pattuizione dell’obbligo di restituzione della somma in 10 anni a partire dall’anno successivo alla chiusura della liquidazione e quindi con espressa postergazione dell’obbligo di restituzione rispetto alla soddisfazione dei crediti concorsuali dei singoli ricorrenti.

Tale credito è stato ritenuto dal giudice quale “credito futuro”, un’erogazione non neutra patrimonialmente che non può essere qualificata quale vera e propria finanza esterna distribuibile liberamente dal liquidatore. 

Trib. Velletri 06.04.2022 – Apertura procedura sino alla completa soddisfazione dei creditori

Il Giudice ha disposto che la procedura rimanga aperta fino a quando il nominando liquidatore lo riterrà conveniente e proficuo per il soddisfacimento dei creditori, dunque, fino a quando rimarrà attivo il flusso reddituale indicato come patrimonio da liquidare, con la conseguenza che non può escludersi un soddisfacimento integrale dei creditori, fermo il rispetto dell’ordine di eventuali privilegi, per quanto non dichiarati dai ricorrenti né individuati dall’OCC. 

Peraltro, ha ritenuto non necessario determinare con precisione l’ammontare dei flussi reddituali mensili una volta stabilito quanto debba essere vincolato al fabbisogno mensile per il mantenimento dei ricorrenti e della loro famiglia, posto che sarà compito del liquidatore destinare tutto il residuo al pagamento dei creditori 

Trib. Piacenza 20.06.2022 – Valutazione economicità della procedura

Nella procedura di liquidazione del sovraindebitato – cosi come, del resto, in tutte le procedure. “minori” di cui alla L. 3/2012 – deve tenersi conto, ai fini dell’ammissibilità, della economicità della procedura, cioè della sua utilità prospettica rispetto allo scopo, che è quello di distribuire ai creditori un qualche attivo di liquidazione, anche in relazione ai costi professionali che l’attività liquidatoria e distributiva comporta; ne consegue che non possono essere aperte procedure di sovraindebitamento che, di fatto, comportino unicamente la maturazione di debiti prededucibili, in evidente pregiudizio delle ragioni dei creditori ed in violazione dei principi di efficienza e di economicità che devono ispirare l’attività processuale (anche esecutiva/concorsuale).

Nel caso di specie, il Giudice, rilevato che il debitore dispone esclusivamente di redditi da lavoro dipendente, ha fissato la durata della procedura di liquidazione in anni 6, al fine di consentire all’unico creditore di raggiungere un ragionevole soddisfacimento del credito, senza che l’attivo della procedura rischi di essere assorbito in larga parte dalle spese di procedura. 

Trib. Rimini 22.04.2021 – Antieconomicità della procedura 

Il Tribunale in composizione collegiale è stato chiamato a decidere in merito al reclamo ex art. 14 quinquies proposto contro il decreto del Giudice delegato che ha respinto la domanda di liquidazione dei beni sull’assunto che il debitore era completamente privo di beni e che le spese di procedura già previste e concordate (OCC e Gestore) sarebbero state superiori alla somma presente sul conto corrente del debitore stesso. 

Il Tribunale ha respinto il reclamo osservando che sebbene nella liquidazione ex art. 14 ter sia del tutto irrilevante, ai fini dell’apertura, la completa mancanza di attivo, è anche vero che non è estranea all’ordinamento la valutazione di economicità ed efficienza della procedura concorsuale. Pertanto, anche nella procedura di liquidazione del sovraindebitamento deve tenersi conto, ai fini dell’ammissibilità della economicità della procedura, della sua utilità prospettica rispetto allo scopo, che è quello di distribuire ai creditori un qualche attivo di liquidazione, in relazione ai costi professionali che l’attività liquidatoria e distributiva comporta. 

La recente introduzione dell’art. 14 quaterdecies intitolato “Debitore incapiente” – norma che prevede che il debitore persona fisica meritevole che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, possa accedere in via immediata alla esdebitazione, in presenza di determinate condizioni e fermo l’obbligo di pagamento di almeno parte dei debiti in caso di sopravvenienza di utilità rilevanti – conferma l’opinione appena espressa e muove nel senso di evitare il passaggio obbligato del debitore impossidente attraverso una procedura liquidatoria non utile, per assenza di beni da liquidare e scarsità di risorse da distribuire, e tale da assorbire in costi professionali gran parte, se non tutte, le esigue risorse disponibili. 

Pertanto, l’apertura di una liquidazione senza beni neppure in prospettiva – o con una esigua somma liquida inidonea a coprire perfino le spese della procedura – è contraria ai principi di efficienza e di economicità che devono ispirare l’attività processuale esecutiva. 

Trib. Milano 11.03.2021 – Vendita auto con riconoscimento al debitore di una percentuale 

Il debitore, con la domanda di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio, ha chiesto di escludere dalla liquidazione del patrimonio il proprio veicolo “in considerazione del fatto che la disponibilità del predetto bene è necessaria all’istante per muoversi in quanto invalido civile, con invalidità al 67% e difficoltà di deambulazione, nonché necessaria per lo svolgimento dell’attività lavorativa e, quindi, funzionale all’acquisizione del reddito, ricorrendo cosi anche i presupposti di cui all’art. 14 novies, co.2 l. 3/2012”. 

Il Giudice, considerato che il veicolo presentava un valore di mercato significativo, pari ad € 23.000, di tal che l’accoglimento dell’istanza avrebbe comportato l’indisponibilità di significative risorse da destinare ai creditori e, dunque, ritenendo che il debitore potesse sopperire alle proprie esigenze di mobilità anche avvalendosi di un’autovettura di valore inferiore, ha rigettato l’istanza autorizzando, però, il debitore a fare uso del veicolo sino alla sua aggiudicazione e riconoscendogli una percentuale del prezzo ricavato idonea all’acquisto di una vettura più economica e funzionale alle sue esigenze.

Trib. Ravenna 03.03.2021 – Liquidazione socio illimitatamente responsabile estesa alla società di persone

Nel caso di specie, la domanda di ammissione alla liquidazione del patrimonio è stata depositata unicamente dal debitore sovraindebitato ed il G.D. ha chiesto l’integrazione ed estensione della procedura liquidativa anche alla società di persone (S.a.S.) di cui l’istante era socio illimitatamente responsabile e liquidatore.

Il Giudice ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione a carico di entrambi i soggetti, nominando un solo liquidatore, rilevando che per far fronte alla recente introduzione all’art. 14 ter l. 3/2012 di un nuovo comma, secondo cui “Il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili” allo stato risulta necessaria la proposizione da parte dell’interessato socio illimitatamente responsabile di una propria procedura di liquidazione, quantomeno per la parte di debiti aventi natura personale. Infatti, a differenza di quanto sarà previsto nel Codice della crisi d’Impresa, allo stato le procedure di sovraindebitamento sono attivabili soltanto su istanza del debitore e manca nell’art. 14 ter citato, un rinvio alle disposizioni della legge fallimentare in tema di estensione del fallimento (Artt. 147 ss l.f.).

Trib. Forlì 07.01.2021 – Liquidazione della società estesa ai soci illimitatamente responsabili

Alla stregua del nuovo comma 7 bis dell’art. 14 ter l.3/2012, aggiunto dalla l.176/2020 entrata in vigore il 25.12.2020, l’apertura della liquidazione del patrimonio proposta dalla società e da alcuni soci va estesa anche al socio illimitatamente responsabile non richiedente che versa in una situazione oggettiva di sovraindebitamento, quale effetto automatico del decreto di apertura della liquidazione della società.

Trib. Lecco 05.01.2021 – Socio illimitatamente responsabile e liquidazione del patrimonio

L’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio regolata dalla l. 3/2012 non è precluso dalla circostanza che l’istante riveste la qualità di socio accomandatario di una società in accomandita semplice, considerato che la legge espressamente riconosce al socio illimitatamente responsabile che in via autonoma rivesta anche la qualifica di imprenditore commerciale, la possibilità di accedere alla liquidazione concorsuale del proprio patrimonio indipendentemente dalla liquidazione concorsuale della società (art. 2288 c.c.) e che sotto tale profilo appare dunque inconferente l’obiezione secondo cui in tal caso sarebbe elusa l’applicazione dell’art. 147 L.F. o sarebbero ingiustamente pregiudicate la probabilità di soddisfacimento dei creditori sociali rispetto ai creditori personali del socio. 

Tenuto conto che l’art. 6 l. 3/2012 prevede ora espressamente che per “consumatore” si intende “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile per i debiti estranei a quelli sociali”, e che dunque tale disposizione ammette la facoltà del socio illimitatamente responsabile di presentare un “piano del consumatore” per la ristrutturazione dei debiti extrasociali, a fortiori deve ritenersi che il socio ha facoltà di chiedere la liquidazione del proprio patrimonio per risolvere una situazione di sovraindebitamento personale (in senso favorevole all’ammissibilità della liquidazione del socio, cfr. Trib. Roma, 29 aprile 2019).

Trib. Milano 02.03.2021 – Inammissibile la liquidazione se non comprende le quote sociali   

Nel caso di specie, il ricorrente con la domanda di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio, in merito alla consistenza del proprio patrimonio, in punto di partecipazioni societaria, ha riportato analiticamente e ricompreso nella liquidazione le quote societarie di 4 società di cui era titolare. Escludeva dalla liquidazione solo le quote detenute in una S.r.l. cui era socio unico e amministratore e i cui utili deliberati costituivano la sua unica fonte di reddito.

Il Giudice ha dichiarato inammissibile la procedura di liquidazione per aver il ricorrente omesso del tutto di rappresentare e documentare di essere socio unico, oltre che amministratore di una quinta S.r.l.. In particolare, ha rilevato che il ricorrente aveva immotivatamente omesso di comprendere nella liquidazione la partecipazione totalitaria da lui detenuta nella predetta S.r.l. e i proventi che dalla stessa derivavano, in violazione del canone di universalità che governa la procedura liquidatoria. 

Trib. Reggio Emilia 05.02.2021 – Escluse dalla liquidazione le quote sociali dell’istante

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione del patrimonio escludendo dalla liquidazione le quote sociali della S.r.l. di titolarità dell’istante sia perché, in base a una perizia depositata, il relativo valore in caso di collocazione sul mercato era pari a zero, sia perché l’unico reddito dell’istante derivava proprio dai dividendi che egli ricavava da tale partecipazione. In particolare, la capacità reddituale della società dipendeva esclusivamente dall’apporto dei soci (l’istante e il fratello) con la conseguenza che, l’eventuale liquidazione della quota, oltre a non apportare alcuna utilità alla procedura, avrebbe privato il debitore dell’unica fonte di reddito di cui disponeva. 

Il Giudice ha osservato che interpretando l’art. 14 ter alla luce della ratio che ispira l’intero impianto normativo della legge n. 3/2012 (favor debitoris), l’esclusione dalla liquidazione delle quote sociali della S.r.l. rientra tra le eccezioni contemplate dal co.6, ai sensi del quale la liquidazione ha ad oggetto tutti i beni del debitore, con la sola eccezione di crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c., crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, stipendi, pensioni, nei limiti di quanto occorre al mantenimento suo e della famiglia etc.. Ad ogni modo, l’istante si è impegnato altresì a mettere a disposizione dei creditori, gli eventuali utili eccedenti l’importo mensile necessario per il sostentamento familiare determinato dal Giudice.

Trib. Milano 19.01.2021 – Escluse dalla liquidazione le quote sociali dell’istante

L’istante, con la domanda di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio, ha chiesto di mantenere estranee alla liquidazione le quote detenute in misura totalitaria in una S.r.l.. In merito l’OCC ha rilevato che l’attività di tale società si risolveva nello svolgimento in forma societaria, anziché autonoma, della professione di architetto da parte del ricorrente al fine di beneficiare dei relativi vantaggi fiscali e che, il valore di dette quote dipendeva esclusivamente dallo svolgimento da parte del ricorrente della propria attività professionale, al punto che la messa in liquidazione della S.r.l., non solo, non avrebbe apportato un significativo introito alla Procedura, vista la centralità della figura del debitore, architetto di comprovata esperienza, e la tipologia di attività esercitata, ma avrebbe privato anche il Ricorrente della principale fonte di reddito. 

Il Giudice, dunque, atteso che la società in parola risultava in una condizione di sottocapitalizzazione, dal momento che era dotata di un capitale sociale pari al minimo legale previsto per il tipo societario, e priva di un patrimonio sociale diverso dai ricavi proventi dall’attività professionale del ricorrente, ha accolto l’esclusione dalla liquidazione delle predette quote, all’esito di una lettura analogica della disposizione di cui all’art. 14 ter lett. b) che tiene fuori le poste patrimoniali che integrano i guadagni del debitore e, comunque, alla luce della sostanziale assenza di un valore di liquidazione delle quote societarie in parola. 

Trib. Sondrio 28.05.2021 – Non rileva la pendenza di un procedimento di revoca ex art. 2901

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione ritenendo irrilevante, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, la pendenza di un procedimento di revoca ex art. 2901 c.c. a carico del debitore attualmente pendente in grado di Appello. Il Giudice ha ritenuto, conformemente alla recente giurisprudenza di merito sul punto, che l’art. 14decies co.2 l.3/2012 applicabile al caso di specie, consente di ritenere implicitamente abrogato il requisito di cui all’art. 14quinquies co.2 dell’assenza di atti in frode ai creditori nel quinquennio antecedente il deposito del ricorso, avendo la novella munito il liquidatore della legittimazione ad agire nell’interesse della procedura per la tutela da tutti gli atti in frode ai creditori. 

Trib. Monza 11.08.2021 – Atti in frode

L’art. 14quinquies co.1 deve essere interpretato unitamente alla nuova disposizione introdotto all’art. 14decies co.2 con la conseguenza che la presenza di atti in frode ai creditori non determina sempre l’inammissibilità della domanda, giacché è prevista la legittimazione del liquidatore all’esercizio delle azioni revocatorie, previa autorizzazione del Giudice, bensì solo nel caso in cui l’atto in frode sia stato posto in essere in prossimità o in vista del deposito della domanda di accesso alla liquidazione ovvero successivamente alla data di deposito della relativa domanda da parte del solo debitore.

Nel caso, il Giudice ha ritenuto ammissibile la domanda purché il liquidatore nominando proceda alla verifica circa l’esperibilità dell’azione revocatoria avverso l’atto a titolo gratuito posto in essere dalla ricorrente ovvero si adoperi per il recupero della somma trasferita, salva la dimostrazione documentale della destinazione delle predette somma ad esigenze alimentari o di sostentamento del nucleo familiare ovvero al pagamento di spese legali.  

Trib. Lecco 16.01.2021 – Abrogazione implicita della disposizione sugli atti in frode

L’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque non costituisce più requisito di accesso alle procedure di liquidazione del patrimonio, attesa l’abrogazione implicita dell’art. 14 quinquies, co.1, della l. 3/2012 nella parte in cui prescriveva la verifica di tale presupposto, ad opera del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176.

L’attuale articolo 14 decies della l. 3/2012 al comma 2 ora prevede che: “Il liquidatore, autorizzato dal giudice, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile”; dunque, la nuova disciplina legislativa introduce inequivocabilmente la legittimazione del liquidatore ad esercitare ex novo o a proseguire l’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. e, tale nuova facoltà del liquidatore (e in particolare la facoltà di proseguire l’azione revocatoria già iniziata prima dell’apertura del procedimento di liquidazione) presuppone implicitamente l’irrilevanza, ai fini dell’accesso alla procedura, degli “atti compiuti dal debitore in pregiudizio ai creditori”.

Trib. Rimini 11.01.2021 – Atti in frode (apertura procedura con patteggiamento per bancarotta)

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione dei beni sebbene il debitore ha patteggiato una pena per bancarotta fraudolenta, rilevando che non risultano allo stato – salve le indagini del liquidatore – né l’esistenza di eventuali atti revocabili né il compimento di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni. Rilevando, peraltro, che l’imputabilità dell’indebitamento ad un ricorso al credito colposo sproporzionato rispetto alle capacità patrimoniali del debitore riguardi l’accessibilità del debitore alla esdebitazione (procedimento successivo al quale parteciperanno i creditori) e non sia ostativo all’apertura del procedimento di liquidazione, rispetto al quale sussiste in ogni caso un interesse del ricorrente alla liquidazione ad opera di un soggetto qualificato. 

Trib. Roma 19.04.2021 – Liquidazione quale procedura concorsuale assimilabile al fallimento

La liquidazione del patrimonio può essere assimilata ad un fallimento sia strutturalmente sia per gli effetti che conseguono all’ammissione: lo spossessamento, la creazione di una massa separata attiva destinata ai creditori concorsuali e la nomina di un liquidatore giudiziale con il compito di verificare il passivo e distribuire il ricavato ai creditori. 

Il soddisfacimento dei creditori si realizza con la messa a disposizione da parte del sovraindebitato dell’intero suo patrimonio, ad eccezione dei crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, degli stipendi, dei salari e delle pensioni nei limiti di quanto occorre per i bisogni propri e della propria famiglia. 

La liquidazione è a tutti gli effetti una procedura concorsuale, in quanto involge l’intero complesso dei beni del debitore (con le eccezioni appena indicate) e ne affida le sorti ad un organo ad hoc, il liquidatore, investito dei compiti dismissivi prodromici al riparto dell’attivo realizzato tra i creditori, e considerato proprio relativamente a questi ultimi che essa dispiega i propri effetti nei riguardi di tutti i creditori anteriori alla sua apertura, rispetto ai quali opera il blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali, oltre al divieto di costituire cause legittime di prelazione. 

La concorsualità si evince peraltro da inequivoci dati normativi, quali il disposto degli artt. 7 co.2 lett.a) (“La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore: a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo“) e art. 6 co.1 (“Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo, è consentito al debitore concludere un accordo con i creditori nell’ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dalla presente sezione. Con le medesime finalità, il consumatore può anche proporre un piano fondato sulle previsioni di cui all’articolo 7, comma 1, ed avente il contenuto di cui all’articolo 8“). 

Il che implica naturalmente che la distribuzione dell’attivo tra i creditori debba avvenire nel rispetto della par condicio creditorum, sicché la graduazione avverrà ai sensi dell’art. 2741 c.c. secondo l’ordine legale dei privilegi, mentre i crediti prededucibili si sottraggono al concorso. Al riguardo, l’art. 14duodecies l.3/2012, che riproduce il dettato dall’art.111-bis 1. fall., prevede che i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di uno dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento “sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”.

Trib. Milano 01.03.2021 + Trib. Milano 16.03.2022 + Trib. Milano 06.06.2022 – Assimilazione della procedura di liquidazione del patrimonio con il fallimento 

E’ pacifico che la liquidazione giudiziale prevista dalla L. n. 3/2012 sia una procedura concorsuale, poiché cosi emerge copiosamente dalla stessa legge (vedi art. 14ter che parla “ai fini del concorso”, art. 14quinqueis co.2 lett. b), vedi le modalità di costruzione della liquidazione ad immagine e somiglianza della procedura fallimentare con domanda di insinuazione al passivo, programma di liquidazione, azioni del liquidatore, esclusione dei creditori posteriori al concorso sulla parte di patrimonio destinata a soddisfare ex art. 2740 il credito dei concorsuali divenuti concorrenti). 

La tesi della qualificazione della liquidazione di cui agli artt. 14ter ss L. 3/12 come procedura concorsuale risulta corroborato sia dalla giurisprudenza di legittimità, sia dalla medesima normativa regolativa del sovraindebitamento, sia dalla disposizione del codice civile che regola i rapporti tra privilegi sugli immobili e spese di giustizia:

  1. In primo luogo corre l’obbligo di rammentare la cd. teoria dei cerchi concentrici nelle procedure concorsuali (Cass. n. 9087/18) in base alla quale la sfera della concorsualità può essere ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura familiare) fino all’orbità più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio (quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, gli accordi di composizione della crisi), cosi scandendo un principio che postula una certa osmosi delle norme che regolano le singole procedure concorsuali;
  2. L’appartenenza alla sfera concorsuale delle procedure da sovraindebitamento viene sancita nell’esordio della stessa L. 3/12, precisamente all’art. 6 co.1, che sancisce espressamente: “Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette, né assoggettabili a procedure concorsuali diversa da quelle regolate dal presente capo”;
  3. Infine, non può ignorarsi la norma generale di chiusura del sistema, rappresentata dall’art. 2770 c.c., che disciplina proprio i rapporti tra il credito che gode del privilegio speciale sull’immobile e le spese di giustizia, imponendo la prevalenza rispetto al primo di quelle per l’espropriazione, cui devono essere necessariamente assimilate quelle funzionali all’apertura del concorso nel fallimento e nella liquidazione ex art. 14ter ss L. 3/12.

Trib. Ancona 07.02.2021 – Ammissibili le domande tardive di insinuazione

In difetto di un’espressa previsione legislativa di segno negativo, le domande di partecipazione presentate oltre il termine indicato dal liquidatore debbono considerarsi ammissibili. Tale conclusione pare suggerita, anzitutto, dalla natura del procedimento di formazione del passivo cosi come disciplinato nell’ambito della l. n. 3/2012 ove, all’interno di una procedura complessivamente attuata dal liquidatore nominato dal giudice, si prevede che l’intera fase della verifica dei crediti e dei diritti reali o personali vantati nei confronti del sovraindebitamento sia devoluta al liquidatore medesimo, mentre l’accesso alla tutela giurisdizionale, pur costituendo una necessaria parentesi cognitoria, rimanga soltanto eventuale. È alla luce di queste considerazioni che tanto in dottrina quanto in giurisprudenza si è dunque parlato di un procedimento di formazione del passivo di natura “amministrativa”, tant’è vero che il termine per la presentazione delle domande non è fissato né dalla legge né dall’autorità giurisdizionale, bensì direttamente dal Liquidatore. Ne discende che in difetto di un’espressa previsione legislativa in tal senso, appare non condivisibile assegnare al termine “organizzativo” fissato dal Liquidatore la valenza di un vero e proprio termine decadenziale fissato a pena di inammissibilità della domanda. Né, è possibile qualificare il termine stabilito dal Liquidatore come “implicitamente” perentorio in considerazione delle esigenze di celerità proprie del procedimento di formazione del passivo di ogni procedura concorsuale. Quanto osservato in merito alla natura non giudiziale del termine fissato dal Liquidatore, inoltre, permette di escludere che rispetto alla verifica del passivo del sovraindebitato possa essere applicata, analogicamente, la disciplina prevista all’art. 101 l.f. in materia di verifica del passivo fallimentare. Ed invero, mentre nella legge fallimentare si tratta di veri e propri termini giudiziali fissati dal Tribunale e dalla legge, nel caso della legge sul sovraindebitamento, si tratta di un termine “amministrativo”.

Trib. Bologna 11.02.2022 – Ammissibili le domande tardive solo entro il termine per le osservazioni

In tema di sovraindebitamento, nel contesto della procedura di liquidazione del patrimonio, non è prevista una disciplina delle domande di ammissione tardiva allo stato passivo, non essendo regolato alcun istituto analogo a quello di cui all’art. 101 l.fall.. Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto che. qualora il creditore dimostri di non essere stato tempestivamente informato dell’onere di procedere alla formulazione della domanda di insinuazione e l’istanza pervenga ai Liquidatori entro il termine originariamente assegnato alla generalità dei creditori per le eventuali osservazioni, per ragioni di economia processuale, l’istanza va ammessa. Tale scelta interpretativa appare la più conforme ad un necessario criterio equitativo – e come tale eccezionalmente adottato – in quanto fino al momento rispetto al quale è possibile presentare osservazioni, la redazione dello stato passivo non può dirsi ancora completata. 

Trib. Brescia 16.11.2021 – Ammissibili le domande tardive di insinuazione

Sono ammissibili le domande di partecipazione, pur a seguito della scadenza del termine assegnato dal Liquidatore ex art. 14sexies, co.1, lett. b), l. n.3/2012 ma comunque entro la conclusione delle operazioni di ripartizione dell’attivo.

Trib. Milano 31.08.2021 – Ammissibili le domande tardive di insinuazione

Il Gestore della crisi ha depositato un’istanza chiedendo al Giudice di ammettere allo stato passivo della procedura liquidatoria il credito di grado prededucibile da lui vantato, disattendendo le conclusioni del liquidatore che, in sede di formazione del passivo, ha rilevato l’inammissibilità della domanda perché proposta oltre la scadenza del termine da lui fissato. 

Il Giudice ha disposto che il liquidatore riformasse lo stato passivo rilevando che non può attribuirsi natura perentoria al termine per la presentazione delle domande di insinuazione di cui all’art. 14sexies, lett. b), l.3/2012, dal momento che è privo di natura giudiziaria, in quanto fissato dal liquidatore e considerato che l’esito esdebitatorio che può assumere la procedura liquidatoria impone di interpretare restrittivamente la disciplina in parola, senza che, in assenza di espressi o univoci indici normativi a riguardo, possa farsi conseguire alla violazione del predetto termine la sanzione dell’inammissibilità della domanda.

Il Giudice ha osservato che la ricostruzione interpretativa che precede trova conferma nel disposto dell’art. 270, co.2, lett. d), del Codice della crisi e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. 14/2019 che, in modifica della disciplina vigente e sinora riassunta, attribuisce natura giudiziale al termine per la presentazione delle domande di insinuazione. 

Trib. Mantova 01.02.2021 – Ammissibili le domande tardive di insinuazione

Il Giudice ha ritenuto ammissibili le domande tardive di insinuazione alla liquidazione del patrimonio dando una interpretazione letterale e sistematica della norma di cui all’art. 14 octies co. 3 della l. 3/2012. 

In particolare, ha osservato che l’ipotesi della presentazione di domande tardive non risulta normata dalla l. 3/2012 e che il termine di presentazione delle domande previsto dall’art. 14 sexies della l. 3/2012 (fissato dal liquidatore e non dalla legge ne dal giudice) non è qualificato come perentorio; pertanto, non è possibile trarre inequivocabili elementi da cui dedurre l’inammissibilità della domanda, non essendo consentito riconoscere fattispecie di decadenza del diritto di agire a tutela di un diritto soggettivo non espressamente previste dalla legge; rilevato inoltre che anche nel sistema delle esecuzioni coattive è prevista la possibilità di presentare tardivamente domande di partecipazione alla distribuzione del ricavato. 

Trib. Piacenza 07.04.2021 – Ammissibili le domande tardive di insinuazione

La disciplina della procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14ter ss. L. 3/2012, in quanto avente carattere spiccatamente liquidatorio, è modellata su quella del fallimento, che trova pertanto applicazione in via analogica per quanto non espressamente disposto dalla L. 3/2012.

Non può, dunque, ritenersi che il silenzio del legislatore sia significativo della volontà di escludere l’ammissibilità stessa delle domande tardive, che costituirebbe un unicum nel panorama del diritto concorsuale e che – in conseguenza dell’effetto esdebitatorio cui tende la procedura predetta – appare implicare un effetto di perenzione del credito poco compatibile con il vigente ordinamento, risolvendosi in un trattamento eccessivamente rigoroso rispetto alle altre procedure concorsuali e senza una apprezzabile giustificazione sul piano logico-giuridico.

La domanda di ammissione al passivo della procedura di liquidazione del patrimonio ex L. 3/2012 è ammissibile come tardiva se presentata entro l’anno dall’apertura della procedura e, oltre questo termine, solo a condizione che il creditore dimostri la non imputabilità del ritardo nella presentazione della domanda, ex art. 101 L.Fall..

Trib. Genova 24.09.2021 – Inopponibile cessione volontaria del quinto

Rilevato che nel nuovo comma 1bis dell’art. 8, L. 3/2012, si stabilisce che: “La proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, secondo periodo”;

che in precedenza la giurisprudenza aveva più volte stabilito, con riferimento alla procedura di accordo del debitore, che “nessuna tutela particolare (…) il legislatore ha previsto a tutela del cessionario del quinto dello stipendio” e “tale interpretazione della norma pare assolutamente coerente rispetto al sistema di un istituto avente natura concorsuale e che non potrebbe giustificare eccezioni che consentano il soddisfacimento integrale di singoli creditori (peraltro chirografari e rispetto ai quali la legge non prevede il soddisfacimento integrale) con conseguente proporzionale riduzione del patrimonio da destinare alla soddisfazione di tutti gli altri” (v. Tribunale di Firenze, 19/5/2017);

che l’art. 14 quinquies co.3 L. 3/2012, stabilisce che il decreto di apertura della liquidazione “deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento”;

che, come ritenuto dalla giurisprudenza, “il decreto di omologa deve ritenersi equiparato all’atto di pignoramento, ciò che non consente al cessionario di far valere l’acquisto di crediti sorti successivamente al pignoramento” (v. Tribunale di Firenze, 3/7/2018); “(…) il credito ceduto dal lavoratore alla finanziaria è un credito futuro poiché lo stesso sorge relativamente ai ratei di stipendio soltanto nel momento in cui egli matura il diritto a percepire il relativo rateo mensile di stipendio (…)” (v. Tribunale Grosseto 11/11/2019); “Se la procedura ha l’effetto di sospendere le procedure esecutive (e, in caso di omologazione, ha l’effetto di estinguere le procedure esecutive, con rimodulazione dei crediti azionati), con la sola limitazione – deve ritenersi – delle procedure esecutive concluse (ad es. con l’assegnazione del credito), è evidente che, a maggior ragione, il medesimo effetto sospensivo (…) deve aversi anche nei confronti delle cessioni di credito futuro a garanzia della restituzione di prestiti. Va altresì rilevato che la sentenza della Cassazione n.551/12 (…) ha ritenuto che, nel caso di cessione di crediti futuri e di sopravvenuto fallimento del cedente, la cessione non è opponibile al fallimento se, alla data di dichiarazione dello stesso, il credito non era ancora sorto e non si era verificato l’effetto traslativo della cessione” (v. Tribunale Grosseto 11/11/2019); 

il Giudice ha ritenuto tali principi applicabili a maggior ragione alla procedura di liquidazione del patrimonio, caratterizzata da un’ancora più spiccata concorsualità e conformità alla Legge Fallimentare con la conseguenza che appare, pertanto, applicabile a tutte le procedure di sovraindebitamento l’inopponibilità della cessione del quinto che il nuovo art. 8 co.1bis prevede esplicitamente solo per il piano del consumatore.

Trib. Bologna 12.08.2021 – Inopponibilità dell’ordinanza di assegnazione somme

Il Giudice ha aperto la procedura di liquidazione del patrimonio dichiarando l’inefficacia del pignoramento del quinto dello stipendio con riferimento agli emolumenti maturati dal debitore in epoca successiva alla pubblicazione del provvedimento, dovendo prevalere il principio di parità di tutela dei creditori, piuttosto che il mantenimento di situazioni preferenziali acquisite e non esaurite in epoca anteriore all’inizio della procedura. 

Il Giudice ha osservato che se l’originaria assegnazione continuasse a spiegare il suo effetto anche rispetto ai crediti che diventano progressivamente esigibili solo dopo il deposito del ricorso da parte del sovraindebitato, si consentirebbe una soddisfazione preferenziale riservata al solo creditore che ha agito in sede esecutiva, in contrasto con il criterio della par condicio creditorum, insito nei principi di concorsualità e di universalità. 

Con riferimento al fallimento, la Cassazione ha affermato che “in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal debitor debitoris al creditore che abbia ottenuto l’assegnazione del credito pignorato ex art. 553 c.p.c. è inefficace, ai sensi dell’art. 44 l.f., se intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento, non assumendo rilievo, a tal fine, l’anteriorità dell’assegnazione, che, disposta salvo esazione, non determina l’immediata estinzione del debito dell’insolvente, sicché l’effetto satisfattivo per il creditore procedente è rimesso alla riscossione del credito, ossia ad un pagamento che, perché eseguito dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, subisce la sanzione dell’inefficacia. Ed invero, fatta eccezione per l’ipotesi prevista dall’art. 56 l.f., il principio della par condicio creditorum, la cui salvaguardia costituisce la ratio della sottrazione al fallito della disponibilità dei suoi beni, è violato non solo dai pagamenti eseguiti dal debitore successivamente alla dichiarazione di fallimento, ma da qualsiasi atto estintivo di un debito a lui riferibile, anche indirettamente, effettuato con suo denaro o per suo incarico o in suo luogo, dovendosi ricondurre a tale categoria il pagamento eseguito dal terzo debitore in favore del creditore del fallito destinatario dell’assegnazione coattiva del credito ex art. 553 c.p.c., la cui valenza estintiva opera, oltre che per il suo debito nei confronti del creditore assegnatario, anche per quello del fallito, e lo fa con mezzi provenienti dal patrimonio di quest’ultimo” (Cass. 1227/2016).

Tali principi devono dirsi applicabili anche ai vari istituti di composizione della crisi da sovraindebitamento e, in particolare, alla liquidazione del patrimonio, viste le analogie con il fallimento e tenuto conto, in particolare, del disposto dell’art. 14 undecies l.3/2012 secondo cui “I beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione di cui all’art. 14ter costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi”.  

Trib. Mantova 21.04.2021 – opponibilità assegnazione somme espropriazione presso terzi 

Il Giudice ha dichiarato inammissibile la domanda di accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio, ritenendosi non legittimato ad ordinare al datore di lavoro dell’istante di interrompere le trattenute operate sullo stipendio in esecuzione del pignoramento presso terzi promosso dall’Agenzia delle Entrate Riscossioni. 

Il Giudice ha rilevato che l’ordine di pagamento diretto rivolto dall’agente della riscossione ai sensi dell’art. 72bis del d.p.r. n. 602 del 1973, è un provvedimento amministrativo che dà avvio ad un’espropriazione forzata dei crediti vantati dal debitore verso i terzi e che, qualora l’ordine di pagamento sia spontaneamente adempiuto dal terzo, i suoi effetti sono equiparabili a quelli dell’ordinanza di assegnazione prevista dall’art. 553 c.p.c.. 

La procedura esecutiva di espropriazione di crediti presso terzi ha, infatti, la funzione di soddisfare il creditore non già attribuendogli il ricavato di una vendita forzata od assegnandogli una res determinata, ma trasferendo al creditore procedente la titolarità del credito vantato dal debitore nei confronti del terzo, trasferimento che avviene per effetto dell’ordinanza prevista dall’art. 553 c.p.c., e consiste in un mutamento del soggetto attivo dell’obbligazione dovuta dal terzo pignorato sicché, se scopo dell’espropriazione di somme di denaro è quello di trasferire un credito dal debitor debitoris al creditore procedente e se l’ordinanza di assegnazione realizza questo trasferimento, ne consegue che, con la pronuncia di quella ordinanza, la procedura esecutiva ha raggiunto il suo scopo ed è da quel momento conclusa e definita (Cass. 05/06/2020 n. 10820; Cass. 26/02/2019 n. 5489; Cass. 25/05/2017 n. 13163). 

Ne consegue che, se all’ordine di pagamento emesso ex art. 72bis del d.p.r. n. 602 del 1973 dall’Agente della Riscossione abbia fatto seguito il pagamento da parte del terzo, la fattispecie è equiparabile all’assegnazione prevista dall’art. 553 c.p.c. e comporta che la procedura esecutiva esattoriale si è completamente esaurita sicché non se ne può disporre la sospensione ai sensi dell’art. 14 quinquies co.2 lett. b) l. 3/2012.

Le procedure di sovraindebitamento hanno natura concorsuale e, pertanto, possono ad esse applicarsi i principi elaborati con riguardo a fattispecie analoghe disciplinate dalla legge fallimentare e, in particolare, quelli concernenti il concordato preventivo e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in esso è legittimo – salvo non ricorra l’ipotesi di frode di cui all’art. 173 l.f.- il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l’ordinanza di assegnazione di cui all’art. 533 c.p.c. sia anch’essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa (in tale senso Cass. 15/02/2021 n. 3850).

Trib. Udine 26.02.2021 – Creditore fondiario

Mancando nella l.3/2012 una disposizione analoga a quella dettata dall’art. 41 co.2 TUB che stabilisce la facoltà del creditore fondiario di avviare o proseguire l’esecuzione individuale anche in caso di fallimento del debitore, il creditore fondiario non può dunque proseguire l’azione esecutiva con l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter l.3/2012 del debitore istante. 

Trib. Salerno 24.07.2020 – Consorzio intercomunale smaltimento rifiuti

In giurisprudenza è pacifico (da ultimo Tribunale di Udine, 30 marzo 2016) che l’insolvenza dell’ente pubblico economico, anche se deriva da debiti contratti per scopi privatistici, non consente di pronunciare sentenza dichiarativa di fallimento anche quando siano attivi in settori commerciali. 

A tal proposito, si riporta il passaggio motivazionale del decreto del Tribunale di Catania n. cron. 399/2018 del 21.03.2018 di omologa della proposta di accordo formulata dal “Teatro Stabile di Catania” che, a sua volta, fa riferimento alla sentenza n. 2326 del 2016, pronunciata dal Consiglio di Stato in merito alla qualificazione da riconoscere alla Fondazione Teatro Stabile di Torino.

In tale sentenza, il giudice amministrativo ha affermato che “Nel nostro ordinamento, anche in ragione dell’influenza del diritto europeo, non esiste una definizione unitaria e omogenea di ente pubblico. La valorizzazione del profilo funzionale relativo alle finalità perseguite porta a individuare diverse nozioni di pubblica amministrazione in ragione degli ambiti generali e settoriali di disciplina che vengono in rilievo e, per ciascuna pubblica amministrazione, una possibile articolazione della natura, pubblica o privata, in ragione della specifica disciplina applicabile. Un primo ambito settoriale che può venire in rilievo, influenzato dal diritto europeo, è quello relativo ai contratti di lavori e servizi pubblici; il legislatore europeo, in ossequio al principio dell’autonomia organizzativa degli Stati membri, demanda a essi l’individuazione dei soggetti che devono qualificarsi come organizzazioni pubbliche. Altro ambito settoriale, di ispirazione anch’esso europeo, appare costituito dalle regole di disciplina rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità. L’analisi della legislazione settoriale conduce alla qualificazione dei Teatri stabili in termini pubblicistici in considerazione della sussistenza dei seguenti fondamentali indici normativi: la necessaria “costituzione pubblica”; il “controllo pubblico”; la mancanza del “prezzo economicamente significativo” e, cioè, la mancata copertura di una quota superiore al 50 % dei costi di produzione ad opera dei proventi delle vendite”. Il Teatro Stabile di Catania rientra a pieno nella descritta categoria, sia in ragione degli Enti che lo finanziano che dei criteri di gestione. Ritenuto che, pertanto, la natura di ente pubblico impedendo l’invocata applicazione delle norme sul fallimento consente l’accesso alle procedure di cui alla l. 3/2012; ritenuto che si debba condividere la tesi che la mera esclusione dell’applicazione delle norme sul fallimento consenta l’accesso alle procedure l. 3/2012 in quanto (sotto un primo profilo è agevole osservare che) è stata normativamente disposta l’inammissibilità della domanda ex lege 3/12 se il debitore è soggetto a “procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo” mentre non è normativamente prevista con riferimento alle procedure di liquidazione dell’ente pubblico. 

Parimenti milita (sotto un secondo profilo) a favore dell’assoggettabilità astratta dei Consorzi di Comuni alle procedure di sovraindebitamento l’assenza del fine di lucro come per le associazioni e per le fondazioni anche se va condivisa la tesi che si debba sempre in concreto riscontrare l’effettiva assenza del fine di lucro; soprattutto (sotto un terzo estremamente significativo profilo) a favore dell’assoggettabilità astratta dei Consorzi di Comuni alle procedure di sovraindebitamento la scrupolosa valutazione degli effetti dell’ammissione alla procedura di liquidazione del patrimonio.


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