Luci e ombre, un bando della Regione Lombardia a sostegno della composizione negoziata
La Regione Lombardia il 22/01/24 ha pubblicato un bando di sostegno alle PMI che affrontano con successo un percorso di risanamento.
Il bando è teso a garantire i finanziamenti a M.L. erogati da Finlombarda SpA in un range tra i 400.000 e i 2.000.000 euro con restituzione tra i 24 e i 72 mesi.
Il bando offre anche un contributo a fondo perduto fino a €60.000 alle imprese che hanno concluso positivamente un percorso di composizione negoziata.
I requisiti per accedere al bando sono:
- l’avvenuto deposito di almeno due bilanci
- la sede dell’impresa in Lombardia
- la positiva conclusione di una Composizione Negoziata o alternativamente
- aver rispettato per almeno i 9 mesi successivi all’omologa l’esecuzione di: a) un accordo di ristrutturazione; b) un concordato preventivo in continuità; c) un Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
l’iniziativa è meritoria e costituisce indice di sensibilità verso il tessuto produttivo che cerca di rialzarsi dopo due anni di pandemia, un anno di eccessi dei prezzi delle materie prime ed (ormai) due anni di incremento dell’inflazione ed aumento dei tassi d’interesse.
Sia concesso tuttavia segnalare che l’iniziativa, per i tempi e per i modi proposta, rischia di risultare un apporto tardivo o comunque rivolto solo a chi le risorse le ha già.
Comprendiamo ed è commendevole che il danaro pubblico sia erogato con parsimonia e soprattutto con garanzie di rientro, ma un maggior coraggio avrebbe permesso di raggiungere una platea ben più bisognosa e soprattutto avrebbe determinato un sostegno più efficace all’economia.
La concessione di fondi a chi abbia concluso positivamente una Composizione Negoziata è operazione apprezzata in quanto nulla vieta che l’accordo sottoscritto dall’imprenditore e dai creditori o il contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per non meno di due anni o la convenzione di moratoria, possano eventualmente essere condizionati all’erogazione regionale consentendo così di accrescere le possibilità di successo dell’iniziativa di risanamento.
Inoltre il bando premia le imprese che si orientano con anticipo verso una soluzione di risanamento, erogando con una tempistica accorciata rispetto a chi sceglie processi più strutturati che richiedono un test di accertamento della capacità di esecuzione: infatti per la C.N. è sufficiente la sua conclusione positiva mentre per le altre forme di ristrutturazione il premio è condizionato (prudentemente) all’esecuzione del piano per almeno 9 mesi dopo l’omologa.
Tuttavia un paio di appunti si registrano su aspetti che avrebbero consentito una miglior diffusione degli effetti del bando.
In primo luogo il rinvio del contributo per la consulenza alla conclusione positiva della composizione negoziata risulta probabilmente tardivo anche se giustificato dalla preoccupazione di evitare abusi premiando solo coloro che si pongono al nastro di partenza della procedura con maggiore tempestività, il che è pronostico di buone probabilità di successo.
La sola promessa del contributo al momento dell’avvio rischia tuttavia di favorire coloro che meno ne hanno necessità escludendo invece quella quota di PMI che si trova soffocata da tensione finanziaria che è la principale causa di accesso alla C.N.
Inoltre il premio conferito solo a chi conclude positivamente il percorso della C.N. mentre può costituire una ricompensa legata a fattori di casualità più che di merito, non è detto che costituisca un incentivo alla C.N. che sarebbe stata invece meglio incoraggiata da una scelta meno timida volta ad allargare il campo dei destinatari anche solo con un riconoscimento più contenuto (1/3) ma di accesso più diffuso.
Un suggerimento postumo può essere quello della concessione di una prima tranche del contributo alla conferma delle misure protettive che è comunque pronunciata sulla base di una relazione dell’esperto ed una seconda tranche all’accertamento della buona fede nella conduzione delle trattative riconosciuto dall’esperto nella relazione di chiusura.
Una simile conclusione potrebbe in astratto favorire addirittura le trattative perché i creditori potrebbero essere indotti a non ostacolare il percorso di risanamento nella prospettiva che gli incentivi incrementino le loro percentuali di soddisfacimento. In quest’ottica sarebbe utile ottenere una delibera tempestiva che consenta al debitore di spendere il contributo con certezza nella fase delle negoziazioni.
Per ulteriormente stimolare un approccio virtuoso allo strumento del risanamento sarebbe stato opportuno condizionare l’erogazione all’accertamento dell’esperto dell’esistenza degli adeguati assetti in capo al debitore,possibilmente certificata da un ente indipendente o dall’esperto stesso, circostanza sulla quale non esiste ancora un’appropriata sensibilizzazione della popolazione degli imprenditori nonostante gli assetti siano i “vaccini” più efficaci contro l’insolvenza e il dissesto.
Un secondo profilo potrebbe essere costituito dal sostegno finanziario al circolante delle imprese durante la composizione negoziata: infatti, è facile che gli istituti di credito risultino più restii a concedere le normali linee alle imprese in composizione e tentino di ridurre la propria esposizione. Pur essendo loro vietato sospendere il credito in presenza delle misure protettive, le banche non sono infatti obbligate a motivare il recesso dalle anticipazioni in corso: pertanto, laddove interrompano il sostegno finanziario, sarà difficile dimostrare le ragioni che lo hanno determinato; in ogni caso, anche se fosse illecita l’interruzione, la responsabilità dell’istituto verrà accertata quando ormai è troppo tardi per salvare l’impresa.
Un terzo profilo perfettibile del provvedimento regionale è legato ad un effetto discriminatorio rispetto alle piccole imprese che si orientano (o vorrebbero orientarsi) verso una procedura di concordato minore: queste figure sono spesso assai più fragili delle PMI in quanto prive di schermi che ne limitano la responsabilità individuale e meno dotate di risorse finanziarie per risolvere la propria situazione di crisi.
A tale riguardo un contributo avrebbe la capacità di stimolare l’approccio verso uno strumento della soluzione della crisi che ha ancora modeste applicazioni nonostante gli indiscutibili pregi rispetto all’alternativa liquidatoria, quantomeno per le più veloci prospettive di restart che non devono attendere un triennio e per il minor coinvolgimento di risorse di giustizia (anche se sopportate in parte dalla platea dei creditori) in quanto il concordato minore non richiede la nomina di un liquidatore.
Per evitare o contenere gli abusi, un’eventuale revisione o prossima edizione di un bando che andasse nella direzione suggerita potrebbe agganciare il contributo per le spese di consulenza ed assistenza a quelle riconosciute e liquidabili all’OCC che sono quantificate sulla base di valori già calmierati (40% in meno rispetto ai compensi previsti per i curatori e commissari).
Un sostegno, sempre nel solco delle spese di consulenza, sarebbe infine auspicato a vantaggio del consumatore sovraindebitato al fine di orientarlo verso soluzioni di ristrutturazione piuttosto che liquidatorie che spesso vengono scelte per una serie di ragioni tra le quali: a) la scarsa convenienza del consulente ad accettare l’ingaggio in un campo nel quale la sua presenza è tollerata dal sistema (l’assistenza legale è espressamente dichiarata non indispensabile) e la prededuzione è negata; b) la maggior semplicità dell’alternativa liquidatoria connotata dall’abbandono del debitore agli eventi di liquidazione.
Iniziative di sostegno alla procedura di ristrutturazione del debito del consumatore producono invece indiscutibili vantaggi sia di carattere sociale che di sistema: sotto il primo profilo viene data al debitore una chance di conservazione della casa d’abitazione gravata dal mutuo mentre dal punto di vista del sistema valgono gli stessi argomenti di minor utilizzo delle risorse di giustizia in quanto la procedura occupa minori energie e tempi più brevi.
In quest’ottica si potrebbero proporre delle soluzioni mirate per favorire l’accesso all’edilizia popolare per i soggetti sovraindebitati, oppure incentivare l’acquisto dei crediti ipotecari deteriorati da parte di enti finanziari terzi con l’obiettivo di riscadenziare il debito fondiario in modo che sia sostenibile per il proprietario, eventualmente anche concedendolo in locazione nella forma del rent to buy al debitore che lo potrebbe così riscattare in un secondo momento.
Un ‘operazione di cartolarizzazione sociale siffatta potrebbe essere utilmente sostenuta anche dagli enti della Regione e permetterebbe di incentivare l’accesso all’istituto senza ricorrere a più costose forme di welfare sociale.