Notifica del ricorso per fallimento a società cancellata
Tale sistema, basato su regole diverse e per certi versi semplificate rispetto al sistema di notifica alle persone giuridiche di cui al codice di rito civile, si propone di coniugare, da un lato, l’effettiva conoscibilità dell’atto (e quindi l’esercizio di difesa ex art. 24 cost) e, dall’altro, le esigenze di celerità che il legislatore mira a tutelare nelle procedure concorsuali.
Con la sentenza n. 17946 del 13/9/2016, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della notifica del ricorso per fallimento e dell’avviso di comparizione a società cancellata dal registro delle imprese e passibile di fallimento entro un anno dalla cancellazione ai sensi dell’art. 10 legge fallimentare.
Il problema che si è posto è stato quello di verificare se il sistema di notifica di cui all’art. 15 l. fall, come modificato dal d. legge 179/2012, possa operare anche nell’ipotesi di società cancellata ovvero se debbano trovare applicazione le norme del codice di procedura civile in materia di notifica degli atti alle persone giuridiche.
Secondo l’art. 15 l. fall. il ricorso per fallimento è notificato a cura della cancelleria presso l’indirizzo pec della società e, se ciò non è possibile, presso l’indirizzo della sede legale; nel caso di irreperibilità della società, l’ufficiale giudiziario procede con il deposito dell’atto presso la casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese.
Sia la notifica a mezzo pec, che quella mediante deposito nella casa comunale si perfezionano istantaneamente senza l’espletamento di ulteriori formalità.
Il codice di procedura civile detta invece maggiori prescrizioni a garanzia della effettiva conoscibilità dell’atto; infatti l’ufficiale giudiziario in caso di deposito del plico presso la casa comunale invia al destinatario raccomandata attestante l’intervenuta notifica e ciò per l’evidente ragione di assicurane la conoscenza (art. 143 e 145 c.p.c.).
Ciò posto, è evidente che la società cancellata che avesse chiuso (come è verosimile) la sede legale e non rinnovato l’indirizzo pec, corre il rischio di avvedersi della richiesta di fallimento solo a sentenza dichiarata.
La Corte di Cassazione sostiene che il sistema di notifica di cui all’art. 15 legge fall. sia applicabile anche alle società cancellate in ciò rafforzata dalla recente decisione della Corte Costituzionale che ha respinto le censure di incostituzionalità della norma.
La Corte Costituzionale con sentenza n 146 pubblicata il 22/06/2016 ha osservato che la normativa fallimentare è connotata da esigenze e interessi peculiari rispetto a quelli del codice di procedura civile che ne giustificano la diversità di disciplina. Il Legislatore della riforma si è posto come obiettivo quello di tutelare la celerità del procedimento concorsuale, predisponendo un sistema di notifica che, da un lato, risulta adeguatamente tutelare il diritto di difesa attraverso un duplice meccanismo di notifica (presso l’indirizzo pec e presso la sede legale e, solo in subordine, con il semplice deposito presso la casa comunale) e, dall’altro, cerca di fare proprie le esigenze di speditezza processuale.
La giurisprudenza, sulla base all’art. 16 D.L. 185 del 2008 (che prescrive all’impresa in forma societaria di comunicare, all’atto della domanda di iscrizione nel registro delle imprese, il proprio indirizzo pec) e dell’art. 2196 c.c. (che prescrive alla società di comunicare l’indirizzo della propria sede legale) individua l’obbligo per la società di curare la propria reperibilità presso l’indirizzo pec e presso quello della sede legale.
Ebbene, l’esatto e diligente adempimento di tali obblighi fa sì che il duplice sistema di notifica ex art. 15 legge fall. (notifica a mezzo pec o presso la sede dell’impresa) garantisca l’effettiva conoscibilità dell’atto, al tempo stesso facendo salve le esigenze di celerità del procedimento.
Il mancato rispetto dei predetti obblighi fa scattare la notifica presso la casa comunale senza la necessità di espletare ulteriori formalità. Sembra quindi che tale ulteriore meccanismo di notifica funga da sanzione per la società che non ha curato la propria reperibilità.
Alla luce degli orientamenti più recenti e della normativa vigente, quindi, anche per la società cancellata continua a vigere un onere di diligenza che le impone di rendersi reperibile dopo l’estinzione, almeno fino al momento in cui, a norma dell’art. 10 l. fall., possa essere dichiara fallita; in mancanza non potrà opporre la sua irreperibilità e dolersi del proprio fallimento.
Posto ciò, viene da chiedersi su chi materialmente incomba l’onere di curare la reperibilità dell’impresa sociale anche dopo la sua cancellazione e la risposta cade sulla figura del liquidatore che, come noto, per molti aspetti continua a essere responsabile delle sue azioni anche dopo la cancellazione della società.
Si pensi all’art. 2495 c.c. che prevede la responsabilità dei liquidatori nel caso di mancato pagamento dei creditori sociali pur in presenza di somme residuate dalla fase di liquidazione e comunque riscosse dai soci.
Si pensi ancora all’art 36 del d.p.r. 602/1973 che a seguito delle modifiche introdotte con l’art 28 decreto legislativo n. 175/14 ha posto in capo al liquidatore per i cinque anni successivi all’estinzione della società la responsabilità dell’avvenuto pagamento di crediti di grado inferiore rispetto a quelli fiscali.
Questo agglomerato di norme orientano sempre di più sul liquidatore una responsabilità che non si arresta dunque con la cessazione della sua carica ma che permane per un tempo variabile anche dopo la chiusura della società e che dunque cautela chiede che vengano tenute presenti nel momento dell’assunzione dell’incarico inducendolo a negoziare, in un momento in cui conserva un potere contrattuale, adeguate garanzie da parte dell’assemblea dei soci che debbono assicurargli i mezzi per concludere il suo mandato senza code spiacevoli che si palesino quando ritiene di aver terminato il suo compito.